lunedì 22 dicembre 2014

Gran Torino (estratto da Very slow food)

Arrivo a Torino il giorno prima dell’apertura del Salone del Gusto. Voglio prendere le misure a una città che conosco molto poco. In realtà, da un po’ di anni, ci vengo tutti gli anni. Per il Salone del Libro. Ma non sono mai uscito dal percorso Stazione-Lingotto.

Sul treno, una signora si produce per l’intera durata del viaggio in un’esibizione di manicure acrobatica. Ogni tanto spazzola via la povere che si accumula. Poi riprende, imperturbabile.


All’arrivo vengo accolto dagli slogan della Feltrinelli.


(Cosa vorrà dire? Chissà)

Nonostante mi sia mosso con un mese di anticipo, non sono riuscito a trovare posto in un albergo di fascia media e ho dovuto ripiegare sull’Hotel Romano, un tre stelle che si trova nei pressi della stazione. Le recensioni su TripAdvisor non sono male e il prezzo è accettabile. Per arrivarci percorro un tratto sotto ai portici di Viale Nizza, tra fondi commerciali chiusi, cloni indiani di KFC


negozi di elettronica che vendono anche la salvezza dell’anima, ma in un inglese molto approssimativo

(Molto)

e vetrine in cui sono esposte fianco a fianco bottiglie di liquori e di shampoo.


L’Hotel Romano è gestito da una famiglia cinese gentile e disponibile. Come avevo immaginato, visto che è mattina, la camera non è ancora pronta. Lascio la valigia e vado a fare un giro.

Torino mi appare subito come una città dal carattere giovane e antagonista


con anche dei locali da fare invidia a Milano.

(Qui ci starebbe uno sketch tipo “Chi gioca in prima base?” di Rain Man. “Vieni a mangiare Da Noi.” “Da chi?” “Da Noi.” “Sì, ma da noi chi?” )

Persino i negozi di cineserie sono molto up to date.


Anche se non proprio su tutto.


La crisi, ovviamente, si fa sentire anche qui. Per fortuna c’è chi dimostra una certa onestà.


Un po’ dappertutto, comunque, fioccano sconti ed extra sconti.

(Passi per “SCALDA DAVVERO!” ma “risparmio energetico”, vicino a un affare che consuma minimo 900 watt, io non ce lo scriverei)

Uno dei trend che sembrano andare per la maggiore è quello degli adesivi degli artigiani appiccicati un po’ ovunque, soprattutto sulle saracinesche dei negozi.

(Stendiamo un velo pietoso sulla difficile vita di uno che si chiama “Baudo”, soprattutto sui suoi anni giovanili, sperando che si tratti del cognome)

Per capire meglio quello che succede a Torino, sarei quasi tentato di comprare una rivista locale che mi sembra molto sul pezzo.


Ma poi decido di no e vado invece a visitare il


che è davvero molto affascinante, anche se purtroppo non si possono scattare foto.

(Questo però era così bello che mi è toccato contravvenire al divieto)

(Questo, invece, è il mio contributo al museo: uno screenshot di un post di Bossetti prima che la sua pagina venisse oscurata. Eh, lo so, Facebook… la morbosità…  ma non ho resistito. Oggi mi sembra una testimonianza importante)

Uscito dal museo mi imbatto nelle penne spaziali


e nelle antiche nostalgie.

(Ah, il profumo della plastica di una volta, del Moplen appena sfornato)

Poco più in là ho modo di osservare un fenomeno tutto torinese: il parcheggio in mezzo – ma proprio “in mezzo” – alla strada.

(Come mi è stato in seguito spiegato, a Torino è considerato normale – allo stesso modo per cui, a Roma, è ormai legittimato il parcheggio in doppia fila – lasciare l’auto al centro di strade dove passano i tram. Certo, magari non davanti a un passo carrabile)

Tornando verso l’albergo, passo per la centralissima Via Roma e su una delle colonne in marmo vedo un piccolo manifesto pubblicitario dal carattere visibilmente amatoriale.


La cosa mi sembra curiosa e vado immediatamente a cercare informazioni. 

Gianna Baltaro è una giornalista scomparsa nel 2008 all’età di ottantadue anni. Tra il 1999 e l’anno della morte ha pubblicato diciotto romanzi polizieschi incentrati sulla figura del Commissario Martini. Tutti pubblicati dalle Edizioni Angolo Manzoni (il cui nome, per altro, non compare neppure nel manifesto). L’altro indizio, invece – il nome in basso a destra, Marco D’Aponte – porta a un pittore torinese, autore anche di fumetti. È lui che ha realizzato il manifesto? E per quale scopo? Cosa c’entra Gianna Baltaro in tutto questo? Rimane un mistero. Ci vorrebbe il Commissario Martini.

Dopo aver preso qualche genere di conforto in un negozio di alimentari


ed essere passato sotto le forche caudine dell’acqua sporca

(Il senso di un cartello del genere mi sfugge perché 1) Non capisco come sia possibile fare attenzione a dell’acqua che cade, e 2) L’unica alternativa era quella di attraversare la strada. Quindi: ok, passo, speriamo che non mi cada dell’acqua sporca in testa)

mi dirigo verso l’Hotel Romano dove, col calare della sera, ho modo di apprezzare non solo la suggestiva “veduta spaccio” che si gode dalla mia camera


ma anche gli effetti benefici della psichedelica doccia cinese ai LED verdi.


Alla fine, dopo essermi sincerato di non star perdendo nessun programma televisivo fondamentale sul tablet spacciato come televisore



decido che è arrivato il momento di dormire. 

Domani mi aspetta il Salone Internazionale del Gusto.

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